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Il termine "martire" nell'ellenismo indicava propriamente il testimone che rendeva testimonianza ad una data verità, non tanto con la semplice affermazione verbale, quanto attraverso il coinvolgimento di tutta la propria vita. A far acquisire al termine il significato, oggi prevalente, di testimonianza inequivocabilmente data a Cristo nella Chiesa e di fronte al mondo, furono certamente: l'infuriare delle persecuzioni "in odio alla fede", che hanno caratterizzato i primi secoli dell'era cristiana, e, soprattutto, la consapevolezza del significato della morte di Cristo, espresso da Gesù stesso: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i suoi amici" (Gv 15,13).
In questa più ricca e successiva accezione, martire è quindi il cristiano, discepolo di Cristo che, consapevole di appartenere a Lui, ne segue le orme fino in fondo, fino a donare la vita, sostenuto dalla forza dello Spirito.
A molti questa accezione può sembrare riduttiva perché fortemente connotata dal punto di vista religioso. Sorgono quindi spontanee alcune domande: si può estendere il concetto di martire al di là della sfera ecclesiale e di fede? Come individuare i martiri oggi?
La risposta positiva al primo interrogativo appare scontata, a condizione che, in conformità al significato originale del termine, si identifichino alcune costanti che qualificano il martire. Sarebbe però fuorviante, tralasciare il successivo significato cristiano e non prendere Cristo - Colui che dà la propria vita sulla croce per amore di Dio e dei fratelli - come modello di tutti i martiri. Chi prende il Cristo crocifisso come punto di riferimento per la propria vita "potrà essere un martire ma non sarà mai un aguzzino" (MnD 26), affermava Giovanni Paolo II. Svincolato dal riferimento paradigmatico al Cristo, il termine martire rischia di identificare, come tanti fatti di cronaca oggi ci dimostrano, persone che vivono stili di vita e compiono azioni che sono chiaramente avversi all'uomo e alla legge dell'amore.
Se la forza che spinge il martire a dare la vita è l'amore per Dio e per i fratelli, allora la costante necessaria per identificare fuori dell'ambito di fede il martire, non potrà che essere: la disponibilità a dare la vita pur di non rinunciare alla solidarietà ed al coinvolgimento con la causa umana, in difesa di valori che, come la giustizia, rappresentano il "minimo" dell'amore.
Parliamo di "disponibilità a dare la vita" perché il termine martire non identifica solo l'eroe che versa il proprio sangue per le motivazioni sopra evidenziate, ma anche colui che connota il proprio vivere come testimonianza di determinati valori, anche a prescindere dal concreto verificarsi dello spargimento del sangue.
Martire è quindi l'uomo che afferma nel proprio agire l'alta dignità del proprio essere in relazione fraterna con i propri simili e, per il cristiano, in relazione a Cristo, Colui che "svela l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione" (GS 22).
Riflettendo sul martirio, la contemplazione della realtà umana viene, così, a toccare uno dei punti più alti.
Comprendiamo, di conseguenza, che solo l'espressione artistica o capolavori di vita come Massimiliano Kolbe, Martin Luther King o il Mahatma Gandhi sono in grado di esprimere il vero significato del termine martire, in modo non riduttivo anche se certamente mai esaustivo perché l'uomo capace di amare il proprio fratello e perfino il proprio nemico è un mistero infinito come il mistero di Dio.
Don Pierdomenico Di Candia
ALBANO IRENE, ANDRISANI MICHELE, BRUNO MIMMA
ANNA ANGELA CAPISTRANO, CARMENTANO DARIO,
COZZOLI MARIO, DESANTOLI PAOLO, DI PEDE FRANCO,
FILARDI GIUSEPPE, GALLITELLI ANNA, CINZIA KARALLA,
LAURIA PINO, LINSALATA DONATO, MASINI ANTONIO,
MIRIELLO GIUSEPPE, MOLES ARCANGELO, ORIOLI GIULIO,
PALLADINO VITO, PALUMBO ANGELO, SEBASTE SALVATORE,
TROIANO MARILENA