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nacque in Montalbano Ionico, a specchio dell'azzurrissimo golfo di Taranto, lungo le cui prode fiorì la civiltà regale della Magna Grecia, il 22 di novembre del 1772 dal dottor Nicola e da Margherita Fiorentino.
Sfuggito alla reazione borbonica, successiva al fallimento della rivoluzione napoletana del 1799, Francesco Lomonaco sarebbe entrato in dialettico confronto con i grandi della cultura nazionale, assolvendo al notevole compito di portare a conoscenza degli intellettuali del Nord lo storicismo di Giambattista Vico e tutti i fertili stimoli della cultura napoletana. Sarebbe perciò diventato importante nella vita e nell'opera di Foscolo e Manzoni. Senza di lui, e senza il suo vichismo, difficilmente Foscolo sarebbe passato dall'Ortis ai Sepolcri e difficilmente il giovane Manzoni avrebbe superato l'antistoricismo illuministico, si sarebbe aperto allo studio della storia e avrebbe scoperto un Provvidenza sottesa agli eventi umani. Il Manzoni di tutto ciò, in una intervista rilasciata nel 1866 ma pubblicata sul "Corriere della sera" dieci anni dopo, il 12-13 ottobre 1876, gli avrebbe dato ampio riconoscimento e ampio merito.
Dopo avere tutta una notte di settembre vegliato e vagato, grande ombra vivente e pensante, nella inerte ombra morta dei chiostri e dei vestiboli della Certosa di Pavia, che Gian Maria Galeazzo Visconti eresse per i tripudi mistici della sua anima inquieta, Francesco Lomonaco illividendole appena l'alba rinata si gettò nelle gore torbide del Navigliaccio, aveva trentotto anni, era l'anno 1810.
Testo in inglese
A Francesco Lomonaco
Alessandro Manzoni
1802
Per la "Vita di Dante"
Come il divo Alighier l'ingrata Flora
Errar fea, per civil rabbia sanguigna,
Pel suol, cui liberal natura infiora,
Ove spesso il buon nasce e rado alligna,
Esule egregio, narri: e Tu pur ora
Duro esempio ne dài, Tu, cui maligna
Sorte sospinse, e tiene incerto ancora
In questa di gentili alme madrigna.
Tal premj, Italia, i tuoi migliori, e poi
Che pro se piangi, e il cener freddo adori,
E al nome voto onor divini fai?
Sì da' barbari oppressa opprimi i tuoi,
E ognor tuoi danni e tue colpe deplori,
Pentita sempre, e non cangiata mai.